Scopri l’Acquedotto Pugliese e la sua Ciclovia
Libri sull’Acquedotto Pugliese
La “Ciclovia dell’Acquedotto Pugliese – Cicloesplorazione da Caposele a Santa Maria di Leuca” di Roberto Guido (Ediciclo editore, 2018) è uno straordinario itinerario, tra storia e natura, nell’Italia interna del Sud. Il percorso si snoda tra Campania, Basilicata e Puglia, lungo le tracce storiche del più grande acquedotto d’Europa. Si pedala “sull’acqua” per 500 chilometri, dall’Irpinia al Salento, passando per il Vulture, l’Alta Murgia e la Valle d’Itria, attraverso un percorso che mette insieme il fascino dei luoghi con l’opera dell’uomo, producendo bellezza. Si segue la condotta storica dell’Acquedotto Pugliese, realizzata tra il 1906 e il 1939, un’opera magnifica di pregiata archeologia industriale. Pedalando su strade secondarie e sentieri sterrati, un perfetto itinerario gravel, si attraversano borghi arroccati e incantevoli città del Mezzogiorno ma anche straordinari ambienti naturali. Da Caposele a Santa Maria di Leuca è un susseguirsi di emozioni, suddivise in nove tappe, che culminano nell’arrivo trionfale davanti alla Cascata Monumentale, nel cuore del Mediterraneo.
“La via dell’acqua. Pratiche di valorizzazione del patrimonio industriale dell’Acquedotto Pugliese”, (Kurumuny Edizioni, 2019) a cura di Antonio Monte, Paola Durante e Sofia Giammaruco, è un prodotto editoriale di ZOOM Culture dal carattere multidisciplinare, oltre che multimediale. Attraverso due Qr-code rimanda a contenuti “speciali”: il documentario “La via dell’acqua” e il virtual tour “La Centrale Idroelettrica Battaglia”. La monografia affronta l’analisi del patrimonio industriale dell’Acquedotto Pugliese partendo da un inquadramento storico e generale sulla grandiosa opera. Un focus sulla Centrale Idroelettrica Battaglia ne sottolinea l’importanza come bene simbolo dell’acquedotto e descrive il Virtual Tour per rendere fruibile virtualmente la sala macchine di recente restaurata, dove nuove turbine producono energia da fonte rinnovabile. Si ripercorrono le principali tappe che hanno portato al progetto dell’itinerario narrativo della Ciclovia dell’acquedotto illustrando il contributo del Coordinamento dal Basso in questo processo con le esperienze delle Cicloesplorazioni 2015 e 2016. Vengono poi segnalate buone pratiche di valorizzazione di acquedotti storici e paesaggi d’acqua fruibili grazie alla mobilità lenta.
“La Grande Opera, la realizzazione del canale principale dell’Acquedotto Pugliese – 1885-1916” di Antonio Bavusi e Pasquale Libutti (Edizione Alfagrafica Volonnino, Lavello, 2002). Iniziata durante la prima guerra mondiale, venne terminata durante la seconda guerra mondiale. Gli avvenimenti storici connessi alla carenza d’acqua in Puglia narrano di come la preziosa risorsa venne prelevata in Irpinia e dalle lontane sorgenti della Lucania, dove l’acqua è abbondante, così come testimoniano gli antichissimi culti legati alle divinità delle sorgenti e, attraverso le valli dell’Appennino meridionale giunse in Puglia, fino a Santa Maria di Leuca (Finis Terrae) attraversando la Murgia e la Gravina. Già percorrendo la vecchia via che dal Vulture attraverso l’Irpinia giungeva a Napoli è possibile osservare le imponenti strutture in pietra del canale principale dell’Acquedotto Pugliese realizzate agli inizi del Novecento sulla Fiumara di Atella (l’antico Triepi) e sui Torrenti Bradano e Vonghia.
Il protagonista del libro “La terra della fontane“, e dei suoi gustosi bozzetti di vita vissuta, è quanto meno insolito. È fatto di ghisa, come le cose buone e durature di una volta. Non è molto alto, ha forma conica, tronca, un naso come quello delle streghe dei cartoni, ma non è cattivo… anzi. Nel basso porta una vaschetta, una sorta di marsupio della vita, che a guardarla fa venire in mente il piattino del chierichetto sotto il mento di quelli che fanno la comunione. Che lavoro fa? Un lavoro umile ma importante: dà acqua a tutti, da sempre. È la cape de firr, la storica fontanina dell’Acquedotto Pugliese, oggetto d’arredo urbano comune alle piazze di Puglia che per primo ha portato l’acqua nella sua terra, cent’anni fa. Il libro, impreziosito da una suggestiva documentazione fotografica d’epoca, è un tributo (e un dono) a chi, inseguendo un sogno, ha compiuto un’impresa colossale in soli nove anni (dal 1906 al 1915) sfidando tutte le difficoltà di un tempo in cui gli strumenti a disposizione non assicuravano il successo e la ragione consigliava di non provarci nemmeno.
Nel libro “Quel ponte unì l’Italia“, Ciccì, un bambino con le mani di adulto, e un geometra di Genova, si incontrano nelle campagne di un piccolo borgo del Potentino nell’anno del Signore 1910 (o giù di lì). I due lavorano alla costruzione di un ponte canale dell’Acquedotto Pugliese, “il più grande acquedotto del mondo”. Condividono polvere, odori sgradevoli e pietre, molte pietre, infinite pietre da sgrezzare. Trascorrono tanto di quel tempo, insieme, che alla fine il tempo stesso finisce per incollarli in un rapporto di giorno in giorno sempre più intenso e più intimo. L’amicizia è un sentimento strano. A volte non ha bisogno di nulla. Spesso si ciba di privazioni e di fame, per crescere bene. È nelle avversità che l’amicizia esprime il meglio di sé. Il ponte che hanno contribuito a realizzare è stato da poco terminato. Si staglia, bello e austero, sullo sfondo del loro rapporto, come una quinta dell’esistenza. Stanno per separarsi. Sopra tutto, l’acqua, elemento immanente da cui tutto trae principio e ragione, deus ex machina dei destini loro e di un’Italia che stenta ancora a riconoscersi unita.
Dal sito del Prof. Ing. Michele Mossa del Politecnico di Bari è possibile scaricare il libro in pdf EAAP, L’acquedotto Pugliese, Gius. Laterza e Figli, Bari, 1939